Luca Iotti . 03/06/2025 . Tempo di lettura: 4 minuti
C’è un filo sottile ma tenace che ci lega a quei villaggi sospesi tra le creste dell’Alto Atlante. Un filo che non si vede, ma si sente forte: parte dal cuore e attraversa le valli, scivola tra le pietre rosse, si arrampica lungo i sentieri scavati dalla pioggia e dalla vita, fino a raggiungere le case di fango e pietra, le tende e le baracche di lamiera dove qualcuno ci sta aspettando. Quel filo è fatto di incontri, di sorrisi, di tè alla menta condiviso attorno al fuoco; è fatto di mani che si stringono, di occhi che raccontano storie più antiche delle montagne stesse. Dopo l’esperienza intensa dello scorso aprile, che ha segnato profondamente tutti noi, torniamo in quelle stesse vallate. Ci torniamo da amici, fratelli, testimoni. Chi ha seguito Bambini nel Deserto in questi venticinque anni sa che per noi le spedizioni non sono mai solo trasporto e consegna. Ogni progetto nasce da un ascolto attento, da relazioni costruite nel tempo, da una fiducia che non si può improvvisare. E oggi, in Marocco, tra le montagne colpite dal sisma del settembre del 2023, il nostro lavoro si intreccia a quello delle comunità locali. Loro mettono la terra, il tempo, la volontà; noi grazie ai nostri sostenitori portiamo gli strumenti.
Quella che stiamo preparando non è “solo una missione” È una tappa fondamentale del S.E.R.A. – Soutien Économique à la Résilience sur l’Atlas, un programma che ha preso forma nei mesi successivi al terremoto e che oggi si concretizza in azioni pensate non per tamponare, ma per costruire. Per restituire un futuro laddove il sisma ha fatto tremare anche le speranze Certo, i bisogni materiali restano. A oltre 1.500, 2.000 metri di quota i bambini di notte hanno ancora freddo ai piedi. Servono vestiti e calzature. Acquisteremo tutto lì, nel souk di Amizmiz per contribuire, in parte a sostenere anche l’economia locale. Ma oggi serve molto di più. Serve visione. Serve dignità. Per questo abbiamo deciso di fare un passo in avanti e di non limitarci alla sola, comunque fondamentale distribuzione.
Nella prossima spedizione, inaugureremo due iniziative concrete, nate negli ultimi mesi dal dialogo con le donne e gli uomini che vivono nei villaggi e nei campi d’accoglienza più isolati dell’Atlante: – Il forno comunitario ad Agadir Atlas, realizzato per sostenere l’attività della cooperativa femminile locale. Sarà un punto stabile di produzione alimentare, ma anche un presidio di autonomia, un luogo di incontro e di economia reale. – Il progetto di allevamento di polli a Tiniskte, destinato a generare reddito e a migliorare l’alimentazione delle famiglie più vulnerabili del campo terremotati.
Attività semplici, ma strategiche per chi ha perso tutto ma non il coraggio Queste due azioni non sono un punto di arrivo, ma l’inizio di un processo; rientrando in un più ampio programma di empowerment economico che vogliamo portare avanti con coerenza e continuità. Perché solo offrendo strumenti, competenze e possibilità vere possiamo contribuire a rompere il circolo della dipendenza e costruire – insieme – un nuovo equilibrio. Sarà un viaggio impegnativo; lo sono sempre e da sempre. La fatica, la polvere, il caldo, i chilometri di piste sterrate e le pietraie, il vento che fischia tra i canyon, tutto questo farà parte della nostra spedizione. Ma poi ci sono i volti. Ci sono i bambini che ci riconoscono, ci chiamano ci salutano, ci aspettano. Ci sono le madri che ci offrono un pane appena sfornato, e gli anziani che ci raccontano del terremoto che ha portato via tutto.
È per loro che torniamo, è con loro che costruiamo. E ogni volta che ci lasciamo alle spalle una valle, sappiamo che quel filo invisibile che ci unisce si è fatto un po’ più spesso. Non tutti possono partire. Ma tutti possono camminare con noi. E per chi vuole conoscere meglio questo progetto, capire cosa stiamo facendo e magari sentire il desiderio di farne parte, ho lasciato tutto scritto qui.
Foto di Silvana di Segni, Barbara Rubino e Luca Maiorano – Spedizione Echoes of Atlas aprile 2025