Un vecchio trattore e un lungo viaggio nel deserto: la rinascita agricola di Acarara
Luca Iotti . 20/06/2025 . Tempo di lettura: 4 minuti
“Non è di certo l’ultimo modello e nemmeno il penultimo… ma è il primo trattore che si è mai visto ad Acarara in Niger.”
Dietro questa frase semplice si cela una storia straordinaria di determinazione, legame con le proprie origini e voglia di contribuire concretamente a un futuro migliore. Il protagonista di questa storia è un trattore FIAT OM513r del 1966. Ma il vero motore di questo viaggio impossibile è stato Mussa Yahja, nostro socio Tuareg di Trento, la cui famiglia, nomade, è originaria della regione dell’Air, in cui è situato anche il piccolo villaggio di Acarara, una remota località nel deserto del Sahara, in Niger.
Il trattore, seppur datato, è stato acquistato in Italia e trasportato fino al Niger grazie al contributo di un gruppo di amici trentini, veneti e di Mussa, che con la sua tenacia ha deciso di dare un sostegno concreto alla propria comunità di origine. La strada per far arrivare questo mezzo fin lì, però, è stata tutt’altro che semplice. Dall’Italia è salpato via nave fino al porto di Lomé, in Togo. Da lì è stato caricato su un camion che ha attraversato l’intero Burkina Faso, superando frontiere burocratiche e non poche difficoltà logistiche. Una volta entrato in Niger, il viaggio non era ancora finito: restavano oltre 1.000 chilometri di strada prima di raggiungere Acarara.
Chi conosce questa parte del mondo sa bene cosa significa un viaggio del genere. Si tratta di attraversare territori desertici estremamente difficili, con temperature estreme, scarsità di carburante e lunghi tratti senza alcun tipo di assistenza meccanica. Eppure, ce l’ha fatta. Oggi, quel “vecchietto” è in piena attività: ha già iniziato a dissodare il terreno, preparando un vasto appezzamento di terra che presto ospiterà coltivazioni di cereali. Per una comunità che vive di pastorizia e agricoltura di mera sopravvivenza, è una rivoluzione.
La comunità locale è di etnia tuareg, custodi di una cultura millenaria adattata ai ritmi duri del Sahara. Accanto a loro, grazie alla riattivazione del pozzo, transitano ora frequentemente anche i Peul (o Fulbe), nomadi allevatori con le loro mandrie di mucche dalle grandi corna, alla ricerca di acqua e pascoli. Ma il progetto agricolo non si limiterà solo ai cereali. Una parte del terreno sarà destinata anche alla produzione orticola, e in particolare alle famose cipolline dell’Air, un prodotto tipico della regione nigerina apprezzato in tutto il West Africa per il loro gusto dolce e deciso. Coltivarle ad Acarara significherà non solo garantire una maggiore varietà alimentare, ma anche potenziale reddito per la comunità, attraverso la vendita sui mercati locali.
Questo è uno di quei piccoli grandi progetti che non fanno rumore ma cambiano la vita. È la storia di un trattore del ’66, di un ragazzo che non ha dimenticato il suo villaggio, e di una comunità che, zolla dopo zolla, comincia a seminare speranza.
La strada per far arrivare questo mezzo fin lì, però, è stata tutt’altro che semplice. Dall’Italia è salpato via nave fino al porto di Lomé, in Togo. Da lì è stato caricato su un camion che ha attraversato l’intero Burkina Faso, superando frontiere burocratiche e non poche difficoltà logistiche. Una volta entrato in Niger, il viaggio non era ancora finito: restavano oltre 1.000 chilometri di strada prima di raggiungere Acarara.
Chi conosce questa parte del mondo sa bene cosa significa un viaggio del genere. Si tratta di attraversare territori desertici estremamente difficili, con temperature estreme, scarsità di carburante e lunghi tratti senza alcun tipo di assistenza meccanica. Eppure, ce l’ha fatta. Oggi, quel “vecchietto” è in piena attività: ha già iniziato a dissodare il terreno, preparando un vasto appezzamento di terra che presto ospiterà coltivazioni di cereali. Per una comunità che vive di pastorizia e agricoltura di mera sopravvivenza, è una rivoluzione.
La comunità locale è di etnia tuareg, custodi di una cultura millenaria adattata ai ritmi duri del Sahara. Accanto a loro, grazie alla riattivazione del pozzo, transitano ora frequentemente anche i Peul (o Fulbe), nomadi allevatori con le loro mandrie di mucche dalle grandi corna, alla ricerca di acqua e pascoli. Ma il progetto agricolo non si limiterà solo ai cereali. Una parte del terreno sarà destinata anche alla produzione orticola, e in particolare alle famose cipolline dell’Air, un prodotto tipico della regione nigerina apprezzato in tutto il West Africa per il loro gusto dolce e deciso. Coltivarle ad Acarara significherà non solo garantire una maggiore varietà alimentare, ma anche potenziale reddito per la comunità, attraverso la vendita sui mercati locali.
Questo è uno di quei piccoli grandi progetti che non fanno rumore ma cambiano la vita. È la storia di un trattore del ’66, di un uomo che non ha dimenticato il suo popolo e di una comunità che, zolla dopo zolla, comincia a seminare speranza.