Strage di contadini nel Sahel: l’impasse dei governi militari

Redazione BnD . 10/09/2024 . Tempo di lettura: 3 minuti

Il 24 agosto, nella zona settentrionale del Burkina Faso, precisamente a Barsalogho, un gruppo di jihadisti ha perpetrato una strage che ha visto la morte di numerosi contadini. Si stima che le vittime possano arrivare fino a quattrocento persone. Gli aggressori, presumibilmente affiliati ad al-Qaeda, hanno attaccato utilizzando kalashnikov mentre viaggiavano su motociclette lungo le piste secche del Sahel. I contadini sono stati colpiti mentre stavano scavando trincee difensive, su disposizione del governo.
Questo tragico evento è uno dei più devastanti accaduti in Burkina Faso, un paese povero e ormai da anni dilaniato da una guerra destabilizzante alimentata da vari gruppi terroristici. Il conflitto ha già causato oltre undicimila morti da quando il capitano Ibrahim Traoré ha preso il potere con un colpo di stato quasi due anni fa.
Solo un mese prima, il Mali aveva vissuto una tragedia simile. A Tinzawaten, vicino alla frontiera algerina, ribelli separatisti hanno ucciso decine di mercenari russi appartenenti al gruppo Wagner, noto localmente come Afrika Corps. Anche in questo caso si è trattato di una perdita senza precedenti per l’organizzazione russa in Africa.
La decisione di ritirare le truppe francesi, presa da Mali, Burkina Faso e Niger dopo un lungo intervento infruttuoso, doveva rappresentare l’inizio di una nuova era per questi paesi guidati da regimi militari. Tuttavia, i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative.
L’idea che la minaccia jihadista potesse essere eliminata semplicemente sostituendo i soldati francesi con mercenari russi si è rivelata fallace. Oggi, i governi di questi tre stati si trovano in una situazione di stallo.
Le giunte militari non hanno rispettato l’impegno di riportare la vita civile. La transizione annunciata dal colonnello Assimi Goïta, leader del Mali, primo a realizzare un colpo di stato, è ormai in ritardo di due anni e le elezioni sembrano un miraggio.
Il Mali sta affrontando una deriva autoritaria prevedibile: diversi leader politici sono imprigionati, la società civile è stata indebolita e la libertà di stampa è in declino. Le forze militari sono regolarmente accusate di uccidere civili.
Il nazionalismo africano, cui si richiamano i giovani ufficiali al potere nel Sahel, ha comportato una rottura sia con l’ex potenza coloniale, sia con l’organizzazione regionale Ecowas, vista come troppo vicina a Parigi. Per questo motivo, i nuovi governi hanno formato l’Alleanza degli Stati del Sahel, ma senza ottenere risultati tangibili.
Nel frattempo, la Russia ha consolidato la sua influenza nella regione, tanto che Goïta l’ha definita un “alleato sincero”. I russi hanno sfruttato il sentimento antifrancese offrendo il loro supporto ai nuovi regimi militari, senza però risolvere i problemi che affliggono il Sahel.
Il distacco dall’influenza francese non rappresenta una soluzione immediata per le questioni legate a sviluppo, sicurezza e governance politica.
Un’esperienza interessante da osservare è quella del Senegal, dove i sovranisti sono saliti al potere attraverso elezioni democratiche. Questo potrebbe rivelarsi un punto di svolta, dato che il nuovo governo è considerato legittimo e il Senegal è uno dei più importanti paesi dell’Africa occidentale. Il successo o il fallimento di questo governo avrà un impatto su tutta la regione.
Nel frattempo, le popolazioni del Sahel continuano a essere schiacciate tra la minaccia jihadista e l’autoritarismo dei governi militari. Il futuro prossimo, purtroppo, appare poco promettente.
La nostra organizzazione opera nel Sahel da oltre 20 anni e mai prima d’ora abbiamo assistito a una situazione così grave. Al momento, possiamo portare avanti i nostri progetti solo grazie alla collaborazione con associazioni e partner locali, poiché la presenza fisica dei nostri operatori è diventata troppo pericolosa.

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