Redazione BnD . 05/06/2025 . Tempo di lettura: 3 minuti
La guerra nel Sahel: una continuità storica e di civilizzazione di Abdoul Karim Ag Matafa
La guerra nel Sahel non nasce oggi. Essa si inserisce in una lunga storia di conflitti tra i popoli musulmani degli antichi imperi saheliani – in particolare i Peul, i Mauri e i Tuareg – e le popolazioni contadine animiste che vivono nella fascia sahelo-sahariana. Questa zona, situata tra l’Africa nera e l’Africa arabo-berbera, è sempre stata uno spazio di contatto, ma anche di confronto. I Peul, i Mauri e i Tuareg, portatori di una civiltà islamica transahariana, hanno condotto nel corso dei secoli guerre di influenza, di territorio e talvolta di religione, in un arco che va dal Senegal alla Nigeria e dal Burkina Faso all’Azawad. L’arrivo della Francia coloniale alla fine del XIX secolo ha profondamente sconvolto questo equilibrio.
La Francia ha portato avanti la sua conquista appoggiandosi su alcune popolazioni sedentarie, in particolare i Mandingo, i Mossi e gli Zarma, che ha arruolato, formato e militarizzato per combattere le resistenze dei Peul, dei Tuareg e dei Mauri. L’ordine coloniale, imposto con la forza, è stato accettato, talvolta persino integrato, dalle società sedentarie nere. Al contrario, è stato largamente respinto dalle società nomadi musulmane, che hanno preferito adattarsi a una vita marginalizzata, rifiutando l’integrazione nello Stato coloniale e nella cultura occidentale. Così, la marginalizzazione dei Tuareg e dei Peul, la militarizzazione delle zone saheliane e la strumentalizzazione delle etnie da parte delle potenze coloniali hanno lasciato profonde tracce. Nel 2013, con l’operazione Serval, la Francia è tornata militarmente nel Sahel, con il pretesto di combattere il terrorismo. Ma per molti abitanti del Sahel, questo intervento mirava soprattutto a neutralizzare i focolai di resistenza musulmana e nomade. Tuttavia, questa volta le dinamiche sono cambiate: i popoli saheliani, in particolare i Peul e i Tuareg, hanno acquisito nuove capacità di resistenza e mobilitazione.
Di fronte al fallimento degli Stati postcoloniali e della Francia, è in corso una nuova ricomposizione regionale. I regimi militari del Mali, del Burkina Faso e del Niger – riuniti nell’Alleanza degli Stati del Sahel (AES) – hanno avviato una rottura con l’ex potenza coloniale, cercando nel contempo il sostegno di nuove potenze straniere (Russia, Turchia, Emirati, ecc.) in cambio di risorse naturali. Queste alleanze hanno come obiettivo, tra l’altro, mantenere il controllo sui territori e contenere i movimenti armati tuareg e peul. Ma oggi, la guerra ha cambiato natura. Non è più semplicemente uno scontro tra Stati e gruppi armati, ma una lotta più profonda, radicata in secoli di storia, di ingiustizie e di esclusioni. E pone la questione fondamentale della sovranità, dell’identità e del ruolo dei popoli saheliani nel loro stesso destino.