Marcia o muori; la disperata situazione dei migranti espulsi dall’Algeria

Luca Iotti . 10/05/2023 . Tempo di lettura: 2 minuti

Un grido di aiuto dal deserto del Sahara. Migliaia di persone derubate, torturate e abbandonate nel deserto.

Sahara, nel minuscolo villaggio di Assamaka in Niger, si consuma una tragedia umanitaria di proporzioni devastanti. Negli ultimi mesi, oltre 7.000 migranti subsahariani sono stati brutalmente espulsi dall’Algeria, privati di tutto quel poco che possedevano e sottoposti a indicibili abusi.
Questo flusso migratorio senza precedenti, che ha avuto luogo tra febbraio e aprile, sta mettendo a dura prova la capacità di accoglienza del campo gestito dall’OIM, che può ospitare solo 2.000 persone.

Le testimonianze dei migranti raccontano di un vero e proprio girone infernale

Dopo essere stati trascinati nei centri di detenzione, sono stati derubati dei loro averi e sottoposti a torture inumane; successivamente, sono stati caricati su dei camion, condotti oltre Tamanrasset e abbandonati nel deserto a 15 chilometri dalla frontiera con il Niger, Assamaka, nelle ore più buie della notte.
Solo i più forti riescono ad arrivare nel “villaggio” di Assamaka prima dell’alba del giorno successivo, cercando disperatamente aiuto per coloro che non sono stati in grado di marciare lungo un pericoloso cammino attraverso la terra di nessuno tra l’Algeria e il Niger.
Tra i più deboli ci sono inevitabilmente donne, bambini e uomini feriti che hanno subito le conseguenze più gravi di queste espulsioni brutali.

Assamaka crogiuolo di paesi, etnie e sogni sferzati dalla sabbia

La diversità dei migranti che affrontano questa terribile situazione è sorprendente. Provenienti da oltre 20 paesi diversi, principalmente dall’Africa subsahariana, questi esseri umani cercano disperatamente un luogo sicuro in cui rifugiarsi e sopravvivere.

Tuttavia, le risorse a disposizione ad Assamaka sono estremamente limitate. Il villaggio di misere case di banco,  abitato da poco meno di 2.500 persone, dispone solo di tre pozzi. Uno è fuori servizio, uno è dedicato al centro medico locale e uno fornisce alla comunità. L’acqua potabile è un bene raro e prezioso, e i migranti sono costretti a intraprendere lunghe camminate alla ricerca di altre fonti d’acqua. La situazione è particolarmente oppressiva, soprattutto considerando che nel caldo torrido  della regione le temperature che superano i 46 gradi all’ombra e costringono questi disperati a rifugiarsi negli angoli d’ombra che le basse costruzioni in fango essiccato al sole possono offrire loro. Nonostante gli sforzi delle organizzazioni umanitarie nel fornire assistenza sanitaria e alleviare le sofferenze, la situazione dei migranti rimane disperata e incolmabile ma tanto restano lontano dagli occhi, lontano dall’Europa e lontano dalle nostre coscienze.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *