L’amministrazione americana ha deciso di portare un colpo mortale alla United States Agency for International Development (USAID), l’agenzia che per decenni ha rappresentato il braccio operativo degli aiuti umanitari statunitensi. Dopo aver imposto una sospensione di 90 giorni sulle attività dell’agenzia, il governo sembra ora determinato a smantellarla del tutto, inglobandola nel Dipartimento di Stato. Un’operazione che sa di mossa ideologica più che di reale esigenza amministrativa.
Fondata negli anni ‘60 per gestire i programmi di sviluppo e assistenza globale, USAID ha svolto un ruolo cruciale in numerosi contesti di crisi, garantendo interventi umanitari, supporto medico e progetti per la sicurezza alimentare. Ora, la sua esistenza è minacciata da un’amministrazione che considera gli aiuti internazionali uno spreco e non un investimento strategico.
– La Guerra Ideologica Contro la Cooperazione –
Secondo la Casa Bianca, USAID sarebbe inefficiente e non sufficientemente allineata agli interessi americani. In altre parole, i programmi umanitari non portano vantaggi immediati agli Stati Uniti e quindi vanno eliminati o ridimensionati. Questa logica miope ignora completamente il valore strategico della cooperazione internazionale, riducendo tutto a un calcolo di guadagni immediati.
Non sorprende quindi che il governo abbia deciso di affidare a uomini d’affari e tecnocrati il compito di ridisegnare la spesa pubblica, con l’obiettivo dichiarato di tagliare qualsiasi investimento che non generi profitti diretti. USAID è solo l’ultima vittima di una politica di isolamento e di disimpegno globale, che sta trasformando l’immagine degli Stati Uniti da leader mondiale della cooperazione a nazione ripiegata su sé stessa.
– Il Prezzo Umano della Stretta di Washington –
La sospensione delle attività di USAID ha già avuto conseguenze devastanti. Migliaia di progetti umanitari si sono interrotti, lasciando comunità intere senza assistenza. Dagli aiuti ai rifugiati alla distribuzione di vaccini, dalla lotta alla malnutrizione alla gestione delle emergenze post-conflitto, interi settori dell’intervento umanitario sono stati paralizzati dalla decisione di Washington.
E mentre il governo americano riduce il proprio impegno, altre potenze si fanno avanti. La Cina, ad esempio, sta rapidamente riempiendo il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, espandendo la propria influenza in Africa, Asia e America Latina attraverso finanziamenti e progetti di sviluppo. Il ritiro di USAID non solo mina gli sforzi umanitari globali, ma mette anche a rischio la posizione geopolitica degli Stati Uniti.
– Un Attacco Frontale alla Diplomazia Umanitaria –
L’integrazione forzata di USAID nel Dipartimento di Stato non è un semplice riassetto burocratico, ma un vero e proprio attacco alla diplomazia umanitaria. L’aiuto internazionale non è un mero strumento di potere, ma un impegno morale e politico che garantisce stabilità e sicurezza globale. Il tentativo di ridurre USAID a un’appendice della politica estera americana snatura la sua missione e ne compromette l’efficacia. L’amministrazione americana sembra ignorare il fatto che il soft power basato sulla cooperazione ha storicamente rafforzato l’influenza statunitense più di qualsiasi intervento militare. Ridurre l’aiuto internazionale a un mero strumento di negoziazione diplomatica significa abbandonare milioni di persone al proprio destino, rafforzando regimi autoritari e lasciando spazio a nuove crisi globali.
– La Comunità Internazionale di Fronte a una Svolta Epocale –
La chiusura o la ristrutturazione di USAID costringerà migliaia di organizzazioni non governative a ripensare il proprio modello di finanziamento. Molte potrebbero non sopravvivere, mentre altre dovranno cercare nuovi partner tra governi meno inclini a rispettare principi democratici e diritti umani. L’effetto domino di questa scelta sarà devastante per l’intero settore della cooperazione.
L’America sta rinunciando al suo ruolo di guida nella solidarietà globale, mettendo in discussione decenni di impegno umanitario. Il futuro di USAID è più incerto che mai, e con esso il futuro di milioni di persone che dipendono dal sostegno internazionale. Se questa è la direzione che Washington vuole prendere, la comunità globale dovrà trovare nuovi modi per colmare il vuoto lasciato dalla miopia politica americana.