Le giovani donne africane: protagoniste invisibili del cambiamento economico
Redazione BnD . 02/06/2025 . Tempo di lettura: 4 minuti
Nel contesto delle economie emergenti, le giovani donne stanno assumendo un ruolo centrale come motrici dell’innovazione imprenditoriale e dello sviluppo. In particolare, nel continente africano, sempre più ragazze intraprendono percorsi imprenditoriali, avviano attività autonome, creano occupazione e iniettano nuova linfa nei mercati locali. Tuttavia, il loro cammino è spesso ostacolato da barriere strutturali, economiche e culturali che ne limitano l’impatto. Nonostante la forte determinazione e una chiara propensione all’iniziativa, molte giovani imprenditrici africane si scontrano con difficoltà croniche nell’accesso a risorse fondamentali come finanziamenti, reti professionali e strumenti di crescita. L’Africa è il continente più giovane al mondo: circa il 70% della popolazione ha meno di 30 anni, e metà di questi sono donne. Questo dato rappresenta una risorsa straordinaria ancora largamente sottovalutata.
Foto archivio BnD: donne burkinabè impegnate nella tessitura del cotone. Progetto imprenditoria femminile nella Regione Centrale.
Un’analisi condotta dalla Mastercard Foundation in collaborazione con McKinsey, contenuta nel report «Le giovani donne in Africa: motori di crescita e trasformazione entro il 2030», evidenzia come lo sviluppo del potenziale economico delle giovani donne africane potrebbe generare fino a 287 miliardi di dollari in valore aggiunto entro il 2030. Questo incremento equivale a una crescita del 5% del PIL dell’intero continente e alla creazione di oltre 23 milioni di nuovi posti di lavoro. Il nodo centrale della questione resta l’accesso a risorse finanziarie e capitali. Solo il 10% delle piccole e medie imprese gestite da donne ha accesso a un finanziamento adeguato. Questo squilibrio si traduce in ricavi medi mensili inferiori del 34% rispetto alle imprese guidate da uomini. Inoltre, il costo del capitale per le donne risulta frequentemente più elevato, impedendo loro di sviluppare appieno le potenzialità delle proprie attività.
Uno dei principali ostacoli è l’assenza di garanzie reali: la maggior parte delle giovani imprenditrici non possiede beni immobiliari o terreni – criteri ancora richiesti da molte istituzioni finanziarie per l’accesso al credito. Questa mancanza di collaterale genera un pregiudizio di rischio che spesso si traduce in rifiuti di finanziamento o in condizioni economiche svantaggiose, come tassi d’interesse insostenibili. Così, anche progetti promettenti finiscono per restare irrealizzati per mancanza di capitali. La situazione si aggrava ulteriormente per le giovani donne residenti in aree rurali, lontane dai centri urbani e dai circuiti bancari tradizionali. I meccanismi comunitari come le cooperative di risparmio o i gruppi di microcredito rappresentano una possibile alternativa, ma anche in questi contesti le donne vengono frequentemente escluse, sia per motivi culturali che per la mancanza di beni da offrire in garanzia. In molti casi, i programmi di microfinanza richiedono un risparmio iniziale, spesso irraggiungibile per le giovani donne che vivono in condizioni di povertà.
Per superare queste sfide, si rende urgente la creazione di strumenti finanziari pensati su misura: garanzie mobiliari, fondi rotativi, sistemi di credito collettivo o garanzie pubbliche possono fare la differenza. Riforme come quelle introdotte in Etiopia, che vincolano una quota di credito bancario al finanziamento delle PMI e dell’agricoltura, mostrano come una regolamentazione mirata possa contribuire a migliorare l’inclusione economica delle donne imprenditrici, specialmente nelle zone meno servite. La rivoluzione digitale offre inoltre nuove opportunità. In molte aree dell’Africa subsahariana, i servizi bancari tradizionali sono assenti, ma l’uso di tecnologie mobili ha permesso l’emergere di sistemi alternativi come il mobile banking. Questo strumento sta diventando vitale per le giovani donne che, pur senza accedere a una filiale bancaria, riescono a inviare denaro, risparmiare e ottenere piccoli prestiti. In un contesto dove il 90% delle imprese registrate sono PMI – molte delle quali fondate da donne – il digitale sta progressivamente colmando il divario lasciato dalle strutture finanziarie tradizionali.
Tuttavia, il solo accesso al credito non è sufficiente. Le giovani imprenditrici necessitano anche di supporto continuo: formazione imprenditoriale, servizi di tutoraggio, consulenze legali e reti di scambio tra pari sono strumenti fondamentali per rafforzare la loro capacità gestionale. Soprattutto in contesti rurali, dove le opportunità formative sono rare, l’accompagnamento è cruciale per superare l’isolamento e potenziare le competenze. Un altro fattore determinante è l’accesso ai mercati. Le imprese femminili, spesso escluse dalle filiere produttive e dai canali di distribuzione, faticano a crescere. Politiche mirate ad aprire nuovi sbocchi commerciali e a includere le donne nelle catene di valore globali sono essenziali per permettere alle imprese guidate da giovani donne di espandersi e prosperare. Infine, occorre affrontare gli ostacoli culturali e sociali che limitano la partecipazione economica femminile. Norme patriarcali e ruoli di genere rigidi continuano a relegare le donne – soprattutto nei contesti rurali – a compiti familiari e domestici non retribuiti. Questa “economia del prendersi cura”, dove le giovani donne assumono un carico sproporzionato di responsabilità domestiche, limita fortemente il tempo e l’energia che potrebbero dedicare ad attività economiche produttive.
Il potenziale economico delle giovani donne africane è immenso, ma ancora largamente inespresso. Per liberarlo pienamente, è necessario un approccio integrato che combini accesso al credito, formazione, innovazione tecnologica, riforme normative e trasformazione culturale. Solo abbattendo le barriere economiche e sociali sarà possibile costruire un ecosistema equo e sostenibile, dove ogni giovane donna possa diventare agente di cambiamento e protagonista dello sviluppo del proprio Paese. Investire su di loro non è solo una questione di giustizia sociale: è una scelta strategica per il futuro economico dell’intero continente africano.