Sono trascorsi esattamente 10 anni da quando Bambini nel Deserto e l’associazione AIDE vennero coinvolte da UNICEF e IOM in un intervento di emergenza nel campo profughi di Ngouboua posto nella regione più occidentale del Ciad.
Qui si erano ammassati 576 minori ciaddiani tra i 6 e i 17 anni, che frequentavano le scuole coraniche poste al di là della frontiera con la Nigeria per trovare scampo dalle violenze scatenate dai miliziani Boko Haram. Prima della fuga avevano assistito a scene di inaudita violenza che li hanno sicuramente segnati in maniera indelebile.
A Ngouboua vennero allestiti 2 campi d’accoglienza; il Campo A destinato a ospitare minori ciaddiani accompagnati dai marabutti (insegnanti delle scuole coraniche) e il Campo B riservato a nuclei famigliari o a porzioni di essi con almeno un genitore presente.
Le azioni di cui eravamo incaricati prevedevano il sostegno psicologico, la raccolta delle informazioni necessarie ad individuare i villaggi di provenienza, attraverso interviste ai minori e ai marabutti e successivamente l’organizzazione del rientro dei bambini presso le famiglie di origine; qualora individuate. Purtroppo per il 30% di loro non fu possibile individuare il villaggio e le famiglie di origine e vennero presi in carico dall’Action sociale di N’djamena capitale del Ciad.
Nelle aree rurali del Sahel le famiglie in difficoltà affidano i figli maschi alle scuole coraniche nella speranza che questi abbiano una formazione scolastica (islamica) e uno o due pasti al giorno. Troppo spesso le scuole, gestite da maestri (marabutti), sono dei clan in cui i bambini schiavizzati sono costretti a mendicare tutto il giorno per non incorrere al rientro in percosse e altre violenze. Alla parte educativa (ripetizioni di sure del Corano, senza alcuna consapevolezza di ciò che si sta ripetendo a memoria) sono dedicate le ore della notte.